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Aceto, conosciamo solo lo Shrub?

L’aceto è un ingrediente molto più utile e versatile di quanto si possa pensare. E’ spesso utilizzato in miscelazione come sostituto degli agrumi, a volte ne viene aggiunta qualche goccia al drink oppure ne vengono fatte diverse preparazioni.

Ma di queste preparazioni, conosciamo solo il più comune Shrub oppure abbiamo diverse alternative provenienti da diverse parti del mondo?


Ma prima di tutto, cos’è l’aceto?


L’aceto è un antichissimo liquido acido ottenuto grazie all’azione di batteri (del genere Acetobacter) che in presenza di aria ossidano l’etanolo contenuto nel liquido alcolico di partenza (vino / birra / sidro / ecc) trasformandolo in acido acetico dando vita alla fermentazione acetica.

La parola Aceto deriva dalla parola latina “acetum”, stessa radice etimologica del verbo “acere” ovvero inacidire.

L’aceto contiene una percentuale di acido acetico compresa tra il 4% e il 6%.





Ma quali tipi di aceto esistono?


  • Aceto di vino rosso e bianco, il più diffuso ed usato in Italia e in Europa.

  • Aceto di mele o aceto di sidro è al secondo posto tra i più utilizzati in Italia, deriva dalla fermentazione del sidro di mele o del mosto di mela. Il più utilizzato in miscelazione visto il suo profilo più “morbido” e meno acido.

  • Aceto di miele, prodotto dalla fermentazione dell’idromele, molto probabilmente l’aceto più antico della storia, già utilizzato nell’antico Egitto.

  • Aceto di riso, diffuso nella cultura orientale specialmente in quella Giapponese ma poco comune in Italia. Deriva dalla fermentazione dei chicchi di riso.

  • Aceto balsamico, simbolo della tradizione Italiana in tutto il mondo. Si ottiene dal mosto d’uva filtrato, cotto e successivamente sottoposto a fermentazione.

  • Aceto di malto, poco diffuso in Italia ma molto popolare in Austria, Germania e Paesi Bassi. Deriva dalla fermentazione del malto d’orzo che viene trasformato in maltosio.

  • Aceto di cocco, tipico nella cultura del Sud-Est Asiatico. Si produce tendenzialmente dalla fermentazione dell’acqua di cocco ma può essere anche prodotto dalla linfa di cocco.

Queste sono le principali varietà che si trovano in commercio, ma ne esistono altre più particolari provenienti da diverse parti del mondo. Troviamo in commercio molti aceti aromatizzati, i più diffusi sono all’arancia, frutti rossi e fragola.


Preparazioni a base di Aceto:

  • Posca

  • Oxymel

  • Sekanjabin

  • Shrub

  • Switchel


Posca


La Posca è un’antichissima bevanda, molto in uso nell’antica Roma e nell’antica Grecia, diffusa tra il popolo e i legionari. Questa bevanda è principalmente composta da aceto e acqua, ma ci sono state delle aggiunte per renderla più piacevole come lo zucchero o il miele e qualche erba aromatica.

La diffusione di questa bevanda è forse dovuta alla grande produzione di vino da parte dei romani, dove a poco a poco, con l’espansione dell’impero si poteva praticamente trovare ovunque.

La posca era molto bevuta dai legionari per i suoi effetti rinfrescanti e dissetanti ma soprattutto per quelli energizzanti che, durante una guerra, erano fondamentali.

Un altro motivo della rapida diffusione di questa bevanda fu il calo dei soldati malati, seppur non sapendo esattamente il motivo di questo fatto, la posca si diffuse ancora più velocemente vista la “somministrazione” in ogni parte dell’impero.

L’acido acetico presente all’interno dell’aceto eliminava molti microrganismi responsabili di disturbi gastrici, un vero e proprio toccasana per i legionari!

Inoltre era più sicuro bere la posca (un intruglio acido e leggermente alcolico) rispetto l’acqua contaminata.

Non ci sono vere e proprie ricette “ufficiali” della Posca, ma si possono riassumere con una piccola parte di aceto diluita in acqua e addolcita da un poco di zucchero.


“POSCA FORTEM….VINUM EBRIUM FACIT”
-la POSCA fortifica mentre il vino inebria-



Oxymel


Oxymel, in italiano ossimiele, è un’antica preparazione erboristica o, come descritto molto spesso, “Elisir” base aceto aromatizzato con erbe essiccate e dolcificato con miele grezzo. Aggiungendo il miele si rende più facile l’assunzione di erbe amare. Deriva dal greco “Oxymeli” che si traduce in “acido e miele”.

L’Oxymel ha una lunga storia ed è stato molto usato nell’antichità, le prime testimonianze si hanno nel 400 A.C. con Ippocrate dove, nel suo “On regimen in acute diseases” lo descrive così :”Troverai una bevanda, chiamata ossimiele, spesso molto utile poiché favorisce l'espettorazione e la libertà di respirare".

Nel corso dei secoli ha assunto numerosi usi, dalla cura ai problemi respiratori come la tosse a facilitare la digestione.

Nel “Enchiridion chirurgicum” del 1593 l’Oxymel era consigliato come trattamento dell’oftalmia.



Sekanjabin


Sekanjabin è la versione Persiana del sopracitato “Oxymel” Greco.

E’ una delle preparazioni Iraniane più antiche che possiamo trovare. La parola è la traduzione Araba del termine Persiano “Sirka Anjubin”,(Sirka ovvero aceto e “Anjubin”, il quale si può tradurre come “la dolcezza donata dal miele”).

Le prime tracce del Sekanjabin compaiono nel “Canone della Medicina” scritto da Avicenna (Medico e scienziato persiano) nel X secolo, all’interno del quale vengono elogiati i suoi benefici dal punto di vista medico.

Sono presenti riferimenti al Sekanjabin nell'enciclopedia di Ismail Al-Jurjani (XII secolo) e nel “Manuscricto Anonimo” un libro Arabo di cucina (XIII secolo), elencando entrambi le proprietà benefiche che alleviano l’indigestione e altri “disturbi corporei”.

Il Sekanjabin è una ricetta tipica dell’Iran rinfrescante preparata durante tutto l’anno composta da aceto, zucchero, menta e una parte di acqua solitamente servita come salsa per accompagnare la lattuga. Viene anche servita allungata poi con acqua e ghiaccio, accompagnata da fette di cetriolo e rametti di menta fresca, e prende il nome di Sharbat-e Sekanjabin, una bevanda rinfrescante e leggermente mentolata.

Si può così riassumere:

Sekanjabin = sciroppo agrodolce

Sharbat-e Sekanjabin = bevanda non alcolica



Shrub


Bevanda acetata, sciroppo di frutta acidificato, drinking vinegar, chiamatela come volete ma lo Shrub rimane la preparazione a base aceto più utilizzata e diffusa dietro al banco bar. La sua composizione è, come già accennato, aceto, zucchero e frutta, ma a questi si possono aggiungere spezie per dare un sentore ancora più aromatico oppure aggiungere acqua in piccola percentuale per diluirlo maggiormente.

Lo shrub in miscelazione è molto versatile e può donare al drink note dolci, fruttate ma allo stesso tempo acide.

Ma da dove deriva lo shrub?

La parola deriva dall’Arabo “Sharaba” che vuol dire bevanda, poi con il passare del tempo “trasformata” erroneamente per motivi di pronuncia in Shrub.


Però c’è da dire che gli Shrub non sono intesi come tutti sappiamo, e come descritto poco fa, solo come preparazioni analcoliche di frutta, zucchero e aceto, ma anche come “liquori” e cordial alcolici aromatizzati agli agrumi solitamente. Questo perché?

Già nel 1747, comparve per la prima volta la parola Shrub nell’ “English Dictionary” dove lo descriveva così “any of various acidulated beverages made from the juice of fruit, sugar, and other ingredients, often including alcohol”. Quindi una preparazione acida con frutta, zucchero e spesso includeva alcool!

Un cordiale alcolico prodotto ai tempi del contrabbando di rum. Perchè contrabbando? Come ben si sa, l'alcool ai tempi era considerato un bene di “lusso”, eccessivamente tassato e non accessibile a tutti, usando termini odierni. Quindi a largo delle coste inglesi, incominciava il contrabbando delle botti di rum e non solo. Quando si poteva le botti venivano portate direttamente sulla costa, ma dopo che si intensificarono i “controlli” dovettero escogitare nuovi metodi. Le botti venivano lasciate al largo e successivamente trasportate a riva, così i distillati all’interno come rum e Jenever prendevano un sapore “marino” e dovevano essere aggiustati in qualche modo per renderli bevibili, ed ecco che troviamo una ricetta del 1743 di Elizabeth Moxon in “English Housewifery”:

“314. To make Orange Shrub.

Take Seville Oranges when they are full ripe, to three Dozen of Oranges put half a Dozen of large Lemons, pare them very thin, the thinner the better, squeeze the Lemons and Oranges together, strain the Juice tho' a hair Sieve, to a Quart of the Juice put a Pound and a Quarter of Loaf Sugar; about three Dozen of Oranges (if they be good) will make a Quart of Juice, to every Quart of Juice put a Gallon of Brandy, put it into a little Barrel with an open Bung with all the Chippins of your Oranges, and bung it up close; when it is fine bottle it.

This is a pleasant Dram, and ready for Punch all the Year.”


Attenzione a non confonderti con lo Sherbet! E’ una preparazione simile allo shrub ma non contiene aceto, ma solo scorze, zucchero e succo di agrumi!


Switchel


Switchel, switzel, switchy, swizzle o ginger water, stiamo parlando della stessa cosa. Parliamo di una bevanda che con molta probabilità nacque nelle Indie Occidentali durante la fine del diciassettesimo e inizio del diciottesimo secolo e successivamente diffusa grazie ai coloni britannici del New England. Fu il successore, o meglio chiamarla una “versione elaborata”, del sopracitato “Oxymel”.

La sua composizione iniziale era acqua, aceto, zenzero e melassa, ma l’agente dolcificante cambiava a seconda della disponibilità. La melassa era molto reperibile nel New England grazie al commercio del rum proveniente dai Caraibi (basti pensare a nazioni come Martinica e Barbados) mentre dove non era possibile trovare la melassa, quest’ultima veniva sostituita dallo sciroppo d’acero, specialmente nel Vermont essendo il primo produttore nazionale, oppure dal più comune e diffuso miele.

Ebbe la sua diffusione tra i contadini coloniali, essendo un’ottima bevanda energizzante, antibatterica e dissetante. Da qui prese il nome di “Haymaker’s Punch” (punch del raccoglitore di fieno / punch del falciatore) oppure Haying Water (acqua della raccolta di fieno).

Uno dei primi riferimenti scritti dello Switchel avviene nel 1789 all’interno della poesia “On the demolition of an old college” del poeta Philip Freneau.

Era così diffuso che fu citato anche dal poeta e scrittore Herman Melville nel suo racconto “I and my Chimney”, “I will give a traveler a cup of switchel, if he want it; but am I bound to supply him with a sweet taste?”


Visto il grande utilizzo di Switchel, le ricette cominciarono a comparire nei primi libri / manuali di cucina dei tempi, la prima ricetta compare nel 1853 nel “Pratical american cookery and domestic economy” di Elizabeth Hall, la ricetta era la seguente:

“Harvest Drink”

5 Gallons of Water

Half Gallon of Molasses

Quarter Gallon of Vinegar

2 Ounces of Powered Ginger

“This will make not only a very pleasant beverage beverage, but one highly invigorating and healthful”

La prima azienda a produrre ed imbottigliare lo Switchel in tempi “moderni” fu la “Up Mountain”, del Vermont. Dove si può trovare sia nella versione classica (Aceto di mele, zenzero e Sciroppo d’acero) oppure aromatizzato a limone, pepe di cayenna o yerba mate.


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